Il titolo fa riferimento alla testata dell’articolo
rilasciato sul noto quotidiano lo scorso 19 giugno.
Che potete consultare qua.
Per una volta, ho deciso di scendere in campo al fine di
difendere la “nostra” categoria, per anni bistrattata. Naturalmente nei limiti
del possibile.
Nulla di nuovo sotto il sole, affermerebbe qualcuno, ma di
certo è innegabile come Giampaolo Visetti si sia basato su un tipico luogo
comune. Pertanto approfitto per dire che generalizzare è sbagliato in ogni
contesto.
All’interno viene messo in chiaro sin da subito che la parola
“manga” significa “immagini stravaganti”, quando in realtà con questo termine
ci si riferisce unicamente alla nona arte, ovvero il fumetto giapponese.
Nel nostro paese c’è sempre stata estrema cautela con questo
genere di prodotti, a detta di molti diseducativi e volgari.
Personalmente penso che abbia influito in maniera negativa
anche il modo attraverso cui sono stati proposti per anni sulle varie emittenti
televisive, con modifiche dei dialoghi ed un sacco di censure. L’intento di
renderlo qualcosa di adatto solo ad una fascia d’età bassa, era palese.
I manga presentano varie analogie con un genere letterario
molto conosciuto, vale a dire le fiabe.
Esse tendono a narrare percorsi di crescita o storie con
insegnamenti dal carattere morale, ma la prima grossa influenza, è costituita
proprio dal mondo reale.
Su ogni storia incide il periodo in cui viene scritta, e
collega i lettori con un mondo che non comprendono pienamente sottolineando le paure
e le esigenze.
Le accuse che solleva il giornalista, appaiono subito
sterili: difatti all’interno del panorama nipponico sono presenti diversi tipi
di racconti inerenti il fumetto, i quali indirizzano il lettore e permettono ad
egli di scegliere ciò che più ritiene adatto per se.
Le componenti di cui parla, quantunque proposte anche in
maniera discontinua, descrivono la natura dell’essere umano da una prospettiva
particolare.
Non si limitano ad intrattenere, ma assumono un valore
pedagogico giacché sono coadiuvate ad un’incredibile varietà sul piano delle
tematiche, dal migliore al peggiore.
Insomma, gli autori forniscono la propria interpretazione
della realtà.
In Giappone, nonostante il persistente tradizionalismo,
tramite questo settore (le cui stime dovrebbero aggirarsi attorno ai 5,5
miliardi) sono riusciti a risollevarsi dalla seconda guerra mondiale ed hanno
trovato un nuovo modo per combattere le discriminazioni sociali.
In Cina vengono intruppati, in Francia vantano il primato a
livello educativo; qua in Italia d’altro canto non facciamo niente. Pertanto
certi comportamenti, figli di innumerevoli motivi, dovrebbero essere accolti in
maniera diversa.
Voglio concentrarmi su una cosa: in molti attribuiscono al
giornalismo una delle principali cause della situazione attuale del nostro
paese. Francamente mi ritrovo in quelle parole.
In questo caso un argomento complesso quale la pedofilia fa
da sfondo, allo scopo di condizionare il popolo italiano. Tutto viene
enfatizzato, e l’informazione perde ogni qualsivoglia forma di validità.
Presumo sia questo il destino dei propri contenuti una volta
ottenuti dei contratti onerosi con determinati sponsor, o sbaglio?
Cosa manca, dunque? L’equilibrio.
Inoltre spiegatemi in base a quale criterio un corrispondente
di Pechino possa occuparsi di temi riguardanti un altro stato. Perché è questo
che Visetti ha fatto.
Noi estimatori di questo prodotto puramente catartico abbiamo
ben poco da recriminarci, questa vicenda ha messo in luce ulteriormente
l’ipocrisia di una fetta consistente del sistema mediatico.
Alla prossima.
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