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giovedì 14 maggio 2015

Il Potere Del Marketing


Mi ritrovo a scrivere a pochi minuti dal termine dell’ultima semifinale di Champions League.
Una gara disputata al Santiago Bernabeu, che per la venticinquesima volta (e anche ultima sotto questa denominazione) ha ospitato un evento di questa dimensione.
25 semifinali, che col tempo hanno rafforzato il valore del brand chiamato Real Madrid. Il numero uno al mondo in termini di fatturato.
La macchina perfetta però ha fallito.
Oggi non parleremo della Juventus, la quale in un panorama totalmente avulso come quello italiano, ha l’enorme merito di essere emersa con qualcosa che purtroppo molte società non conoscono: la progettualità.
Infatti a causa della mancanza di denaro, gli incassi degli stadi divengono importanti per i bilanci. E le tifoserie vogliono i risultati subito.
Per questo in Italia tutto viene destinato alla prima squadra, fra ingaggi elevati e rose ampie. 
Non è un caso se la nostra nazionale sia assente ai mondiali U-18 e U-20.
Il club che Andrea Agnelli amministra dal 2010 costituisce una piacevole eccezione, e se da un lato 250 milioni di bianconeri sparsi per il mondo gioiscono, nella capitale spagnola si interrogano.

“Perché Morata non gioca nel Real?”
“Possibile aver perso la Champions e il campionato in quattro giorni?”
Le più frequenti.

Mi sembra acclarato che a Madrid prediligano il fattore mediatico.
Non basta solo il talento (hanno sempre creduto poco nel vivaio), servono vere e proprie star, utili ad attirare nuove fasce di pubblico.


I diritti televisivi hanno contribuito alla situazione attuale. In quest’epoca i calciatori guadagnano più degli attori.
La campagna acquisti della scorsa estate ha pesantemente inciso sugli equilibri del gruppo: James Rodriguez è stato reinventato come mezzala, Kroos gioca da regista pur esprimendo il meglio di sé in fase più avanzata.
Insomma, bisognava rinforzare il marchio. Nonostante tutto, i Galacticos hanno retto fino al Mondiale per club, grazie a Modric, collante della squadra.
Oggi si parla di fallimento, ma era ampiamente prevedibile.
Lo stesso Bale viene impiegato su una fascia che lo costringe a ripiegare e a crossare col piede debole. Uno spreco.
Personalmente riesco a trovare analogie con ciò che accadde nel 2003.
Anche in quel caso il Real fu eliminato dalla Juventus in una semifinale di Coppa Campioni (splendido gruppo, ma con molti elementi a fine ciclo, come testimoniò la finale poco brillante: Ferrara, Montero, Tacchinardi, Conte, Pessotto, Iuliano, Birindelli, Davids), ma arrivava da un’annata altamente positiva, terminata con la vittoria nella Liga.
All’epoca David Beckham aveva già raggiunto un accordo col Barcellona, salvo poi approdare fra i Blancos (questo determinò l’arrivo in Catalonia di Ronaldinho dal PSG…la scelta su chi fece l’operazione migliore è abbastanza scontata) in sostituzione di Claude Makélélé, fuoriclasse assoluto che contribuì enormemente ai successi del Chelsea di José Mourinho, rivoluzionando il ruolo del centrocampista centrale.
L’inglese è passato alla storia come uno dei calciatori più sopravvalutati: una carriera costruita sulla capacità di vendersi.
Quest’ultimo, Luis Figo e Zinedine Zidane non erano propriamente 3 calciatori inclini a svolgere la fase difensiva, e complice l'addio dopo 14 stagioni dello storico capitano Fernando Hierro, la squadra sbandò, attraversando una stagione difficile, con il quarto posto in classifica e, dato eclatante, 54 reti subite su 38 partite.
E qui torniamo al discorso di prima, l’equilibrio. A volte il marketing non rappresenta un bene.
Inevitabile perdersi in supposizioni, in questi casi a farne le spese è sempre l’area tecnica.
Florentino Perez ha un sogno: Zizou sulla panchina madridista.
Già, il marketing.

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